18 gennaio 2008

Zaha Hadid:«Sono stufa dell'Italia»

per una volta lascio che sia qualcun'altro a fare un po' di polemica.... «In Italia tutto va per le lunghe, ho decine di cantieri aperti e non riusciamo a concludere niente. Vorrei iniziare a vedere le opere non solo sulla carta». Zaha Hadid ce l'ha con l'Italia. Cinquantotto anni, irachena, regina indiscussa dell'architettura mondiale e prima donna vincitrice del Pritzker (il "nobel" dell'architettura), è a Innsbruck per l'inaugurazione della sua ultima meraviglia: il Nordkettenbahn, la funicolare pensata, progettata e realizzata in meno di due anni.
Signora Hadid, qui a Innsbruck è la sua seconda imponente opera realizzata in soli quattro anni: da noi non sono bastati neanche a trovare un accordo sul progetto Citylife per la riqualificazione della ex Fiera di Milano. Da Nord a Sud sono decine i progetti del suo studio in Italia, o forse sarebbe meglio parlare di cantieri eternamente aperti?

Da voi ogni cosa è molto lenta, bisogna essere estremamente pazienti. Ogni progetto ha una sua personale situazione di stallo. Credo dipenda dal fatto che non è successo niente per tanto tempo, per anni in Italia ci sono state solo operazioni commerciali, l'architettura non rientrava nelle questioni di interesse pubblico. Adesso, invece, c'è un revival ed è positivo che provenga dall'alto ma bisogna fare i conti con questo rodaggio lento e faticoso.
Crede in questo cambiamento?
Non lo so. Vedo tanto entusiasmo ma dalle intenzioni ai fatti il passaggio è lungo. Gli architetti devono fare un doppio lavoro. E' come se in Italia le persone avessero paura di tutto ciò che è nuovo, evitino il cambiamento, lo allontanino.
E' anche vero che lei lavora con due settori molto delicati per l'Italia, il contemporaneo e le infrastrutture: il Maxxi a Roma e la stazione dell'Alta Velocità di Afragola, a Napoli, sono progetti con una forte carica simbolica…
Chi amministra la cultura e la modernità non vuole distruggere il passato, sta solo cercando di aprirsi al nuovo. È così difficile da capire? Quella della tradizione come limite è un alibi, anzi per noi architetti è bellissimo lavorare nel vostro paese perché c'è un grande equilibrio tra quello che si dà e quello che si riceve. Riguardo al Maxxi, l'anno prossimo dovrebbe finalmente aprire ma abbiamo avuto tanti problemi, il progetto è pronto da tempo, ma siamo bloccati alla fase uno. L'insieme c'è ma purtroppo bisogna ancora accontentarsi di frammenti.
E il progetto Citylife di Milano? Lì dipende dai privati farlo davvero diventare una cosa importante: il nostro lavoro sulla ex Fiera è frutto di una mediazione e di volontà che c'entrano poco con noi. E' indiscutibile che la vecchia struttura era orribile.
Secondo lei è un caso che dopo l'arrivo in Sardegna di star dell'architettura come lei, Rem Koolhas e il duo svizzero Herzog & de Meuron, tutti coinvolti in progetti importanti come il suo Museo Betile di Cagliari, sia nato un festival dell'architettura, il Festarch?
Credo che la funzione dei grandi progetti architettonici sia proprio quella di creare movimento, fermento. Dovrebbe essere così ovunque.
Crede che in generale sia un buon momento per l'architettura?
Sì, le cose oggi vanno decisamente meglio. Si guardi intorno: l'80 per cento delle costruzioni realizzate nel dopoguerra sono brutte. Si costruiva per costruire, perché la popolazione aumentava e c'era bisogno di strutture, oppure per soldi, interessi, speculazione. Non c'era un progetto per le città , poca cura per l'armonia urbana. Non c'era un pensiero.
Qual è il paese in cui lavora meglio?
La Germania è una paese fantastico, perché lì c'è un sistema di lavori pubblici che funziona, come l'Austria. La Francia è stata un ottimo paese in cui lavorare ma ora sta vivendo una fase di immobilismo. E poi c'è la Spagna che sta attraversando una fase di grande vivacità.
Il suo è ormai un lavoro a 360 gradi, che va dall'ingegneria al design da collezione: Zaha Hadid non è più solo uno studio di architettura, ma sta diventando un brand.
L'idea arriva sempre dalla stesse fonte, la realizzazione cambia a seconda del focus, della tecnica, del progetto. Non è un'idea nuova quella di connettere architettura, arte e design, erano molto più connessi in precedenza.
Tra poco comincia il Miami/Basel, la fiera dell'arte a cui partecipano diversi suoi lavori. Che cosa pensa di questo nuovo mercato del cosiddetto art design?
Non credo che quella sia arte. E' una maniera per fare soldi, organizzare fiere, insomma un modo per creare valore commerciale. Certo è vero che le persone sono più interessate all'arte oggi e che si investe molto di più. L'arrivo del gallerista Larry Gagosian a Roma in questo periodo non è casuale.
Ma è un campo in cui "gioca" anche lei: ad esempio con l'ultimo lavoro, Dune Formations, commissionato dalla galleria d'arte londinese David Gill Galleries…
Quella non è una galleria d'arte, è una galleria finanziaria. Io apprezzo molto quello che è riuscita a creare Ambra Medda al Miami/Basel. Però non confondiamo gli affari con la creazione artistica.

fonte luxury 24

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