12 settembre 2013

lettera all'Italia

In questi giorni più che mai, guardandomi intorno e vedendo questo stato di indifferenza e questo torpore, mi è uscita da dentro una lettera che vorrei indirizzare ai politici, ai governanti ma a anche a noi comuni cittadini. 
Spero vi faccia riflettere e uscire dal torpore che ci avvolge.


Ho 42 anni, la mezza età, quell'età nella quale un uomo o una donna sono nel pieno della loro vita, iniziano a raccogliere i frutti di quello che hanno seminato, dovrebbero iniziare ad accantonare qualche denaro per poter affrontare poi più serenamente la vecchiaia.
Invece sono qui, come tanti altri miei coetanei a lavorare tanto, a volte tantissimo, ad accusare gli effetti devastanti dello stress sul mio fisico e sulla mia mente. Il tanto lavoro non si trasforma in meritati frutti, i tanti sacrifici non vengono ripagati con altrettanti agi.


Siamo circondati da una classe dirigente che per anni ha fatto quello che ha voluto sulle nostre spalle ed ora impunemente e senza un minimo di vergogna continua, come i peggiori e squallidi parassiti, a succhiarci linfa vitale e i margini che potremmo avere dalle nostre attività e dal nostro lavoro.
Viviamo in una società dove conti maggiormente se fai debiti, perché si sa, i debiti da un lato diventano guadagno dall'altro. E così chi ci indebita ed indebita la nostra società viene premiato con promozioni all'interno di fondazioni o istituti bancari. Chi ha provocato tutto ciò anziché sparire dalla circolazione e dal mondo, lo ritroviamo a fare "bella" mostra di sé, inaugurare “cose” inutili o presenziare a qualche squallido aperitivo a compiacendosi di meriti che altrove sarebbero additati come squallidi e deplorevoli.


Nonostante tutto questo e nonostante questi biechi e loschi figuri, io voglio credere al futuro, voglio credere che nonostante il tempo passi vorticosamente ci sia dietro l'angolo un tempo diverso ed una società migliore dove venga premiato chi fa del bene e chi eccelle nel suo campo. Un mondo dove possiamo sentirci fieri e dove le cose funzionino secondo un corso naturale e spontaneo e non secondo la logica degli interessi e del guadagno o della speculazione sulle spalle degli altri. 


Propongo dunque una ricetta. Una semplice ricetta, quasi infantile e banale. Rimbocchiamoci le maniche, tutti in modo assolutamente paritario. Facciamo i sacrifici necessari per portare questo nostro paese in una situazione che non ha mai vissuto, neppure durante il boom industriale. 
Io sono disposto a fare sacrifici. Lo faccio ogni giorno, sono disposto a pagare le tasse come un onesto cittadino. Sono disposto a partecipare con quasi un 6o% ai costi dello stato e sono disposto a non averne nessun vantaggio, in termini pratici e concreti. 
Ma chiedo una cosa a voi classe politica, classe dirigenziale, manager pubblici: fate una cosa che nessuno prima di voi ha avuto il coraggio di fare, rinunciate per almeno un anno rinunciate al 30% dei vostri corposi introiti, incominciate a lavorare come se l'azienda fosse vostra, come se le banche non vi facessero infiniti crediti, come se dal vostro duro lavoro dipendesse il futuro di voi stessi e dei vostri figli; rinunciate i vostri benefit infiniti, al tutto spesato, ai viaggi in business class, provate per un anno a vivere come noi persone normali, mettete da parte almeno per un anno i vostri interessi personali, i vostri incastri politici, la furbizia usata per loschi fini, siate normali, siate semplici, siate umili e discreti.


Non ci vuole tanto; tutto ciò anche solo per un anno darebbe un ritorno economico pazzesco e in termini di immagine. 

L'ha fatto anche la Chiesa, non rimanete indietro, se non volete perdere i vostri unici clienti, la vostra unica fonte di reddito, il vostro unico “lavoro” possibile.



Fatelo per l'Italia, ora! non rimandiamo!


Grazie.



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